giovedì 28 febbraio 2008

Il pane


Da quasi due mesi preparo il pane in casa. Iniziai perché da quando mi trasferii in questa casa ero lontano dal forno dove andavo sempre a comprarlo. Un pane squisito ai 5 cereali che sbonconcellavo per metà tornando verso casa.

Un giorno pensai che sarebbe stato bello farlo da me e già il pensiero era sfida, come altre volte avevo lanciate a me stesso.

Come sempre in questi casi, andai su internet, cercai, trovai, lessi. Scoprii che esisteva una farina del tipo Manitoba, che la vendevano tranquillamente in svariato posti; scoprii dove acquistare il sesamo, il papavero, l’avena. Avevo già in precedenza avuto contatti con l’impasto di farina però quello che stavo preparando per il pane era qualcosa di assolutamente eccezionale.

L’acqua e il pane rappresentano per me l’essenza della vita, non sono soltanto elementi indispensabili all’uomo ma sono la metafora del nostro essere su questo mondo. Ecco che per questo ho sempre creduto che fosse necessario per me dar forma e far nascere dalle e nelle mie mani questo simbolo primordiale.

Mescolare farina acqua sale lievito, impastare, sentire che sotto le dita diventavano una cosa unica, assaporarne gli odori, lisciarla, coprirla, riporla al caldo, vederla crescere è stato come assistere alla nascita di un essere umano. Dapprima informe e poi sempre più definito.

Poi quando nel forno prese colore, quando l’odore riempii la stanza, quando lo sentii caldo nelle mie mani, quando ne gustai il primo assaggio fu come aver scoperto il corpo di una donna che si offriva alla mia fame.

giovedì 21 febbraio 2008

La montagna


C'era una montagna che volevo scalare e che sino ad allora credevo inaccessibile quando mi mostrava i suoi pendii irti e pietrosi, i sentieri che si perdevano dentro selve di rovi e alberi di cembro e betulle.
Iniziai a salire verso la vetta asciugando il sudore che mi colava sulle guance e dimenticando i muscoli delle gambe che mi dolevano e chiedevano riposo. Ogni goccia di sudore ogni segno di stanchezza venivano spazzati tutte le volte che alzavo la testa e i miei occhi vedevano che lassù, ancora lontana ma lassù, c’era quel tetto di lose grige,quella piccola baita che sembrava sparire nella grandezza della montagna ma che ne era l’essenza stessa perché in essa avrei trovato la pace, in essa mi sarei riposato, in essa avrei chiuso gli occhi lasciandomi andare ad un sogno finalmente tramutato in realtà.

Volevo scalare quella montagna, non un’altra, perché era lei che da molto tempo ritornava nei miei desideri anche quando vivevo il mio tempo su spiagge o scogli che pur amavo; volevo farla mia perché cosi mi sarei sentito suo e fuso nella terra, nell’erba e nell’acqua che attraversava i suoi fianchi e penetrava sino al cuore della sua anima. Passo dopo passo, con infinita pazienza mettevo un piede avanti all’altro, urlando al cielo che non mi avrebbe fermato e strappando al mio corpo le energie che non credevo avere. Trovavo ostacoli sul sentiero: tronchi messi di traverso, siepi di rovo, vipere nascoste, ma nulla mi poteva più fermare. Ero un guerriero orgoglioso e indomito che avrebbe reso cenere i tronchi, avrebbe sdradicato i rovi, avrebbe ingoiato le vipere e avrebbe spezzato le ali dell'aquila che se si fosse messa tra me e lei.

Ed infine la vetta fu li, quella baita fu li. Bella! Bellissima!! Seducente ed invitante: con la sua porta aperta, con il vento che riempiva la sua stanza, con il fuoco che la scaldava, con il pane ancora caldo e il vino allegro e la carne rosa e gocciolante pronta per calmare la mia fame. Premio immeritato per una fatica che avevo vissuto per ritrovare me stesso e dentro di me quelle emozioni che dormivano ignare.

Bevvi quel vino, mangiai quel pane, si sciolse quella carne rosa nella bocca e poi, contento ma non sazio perché non si può essere mai sazi della felicità ma la si deve coltivare ed alimentare in perpetuo, mi sdraiai fuori, sulla neve che non bagnava, a seguire con gli occhi e con la mente il mutevole gioco delle nuvole.

giovedì 14 febbraio 2008

Nuvole


Durante l’adolescenza passavo ore a guardare le nuvole.Sdraiato sull’erba quando i pomeriggi erano vuoti di amici, non avevo voglia di studiare e osservavo il continuo mutare dei disegni che le nuvole componevano. Poi più grande cercavo le lumache che facevano capolino tra i cespugli di sambuco dopo la pioggia e mi bucavo le dita delle mani per aprire i ricci e mangiare castagne crude. Quel sapore ancora oggi è sulla mia lingua come il ricordo delle nuvole, delle lumache e dei progetti che allora sembravano alla mia portata e poi, più tardi apparivano come sogni e chimere di un ragazzo ottimista. Però oggi posso parlarne, posso ricordarli ed allora vuol dire che non mi sono dimenticato del mondo, quel mondo che mi incuteva timore e mi faceva apparire forte e fragile nello stesso tempo. Crescendo ancora, agguantata la maturità o quella che crediamo sia maturità perdiamo un po’ d quella ingenuità, quella pazza incoscienza che ci rende Cavalieri Templari; forse non crediamo più nel Graal o lo abbiamo trasferito nel successo, nel potere nella carriera che corre, nelle tacche d’amore che incidiamo sul nostro personale taccuino.
Ma, io sono sicuro, qualcosa resta di quel mondo che è solo alle nostre spalle e non nel dimenticatoio dei giorni che si aggiungono ai giorni.Lo sento tutte le volte che entro in un bosco e mi accoglie il profumo penetrante dei funghi, quando mi lascio avvolgere dall’acqua del mare, quando resto come un cretino sotto la pioggia di primavera o quando il vento si stampa sul mio viso mentre corro con la mia moto.Lo sento anche quando mi trovo con i miei amici che sono, fortunatamente quelli della mia adolescenza e che sono cresciuti insieme a me sia
pur attraverso esperienze diverse. Anche una parte dei sogni di allora sono ancora qui,forse nascosti ma ancora qui,forse un po’ sbiaditi ma ancora qui che ogni tanto ritornano per farci ricordare il bambino o il ragazzo che passava ore a guardare le nuvole.

lunedì 11 febbraio 2008

Donna

Una goccia di mare, una goccia di rugiada, una goccia di sorgente, una goccia prigioniera.
Una....Goccia....

martedì 5 febbraio 2008

Nutella

ti amo Nutella !
Ti ho amata da quando ti ho conosciuta anche se non lo sapevo ancora
Ti ho amata per la tua dolcezza,
per la tua morbidezza per come sai spalmarti.
ti amo Nutella !
Cosi profumata che riempi le mie nariciCosi cremosa quando ti sciogli nella mia bocca.Nutella io non posso più pensare ad un mondo senza di te.Vorrei trovarti tutte le mattine quando mi sveglio.Vorrei trovarti tutti i pomeriggi quando mi siedo sul divano,vorrei trovarti tutte le sere quando guardo la Tv e nel buio voglio qualcosa di dolce
ti amo Nutella !
Ogni volta che sto con te e poi finisci, penso al momento in cui ti riavrò; ogni volta che sei ancora con me penso con terrore a quando non ci sari più e cosi sempre in un ripetersi contino.
Nutella non finire mai.
Rinasci sempre dall’ultima molecola che resta e cresci per rendere sublime ogni momento della mia vita